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Il metodo Suzuki

 

Il Metodo Suzuki si rivolge a bambini a partire dai tre anni di età, sino ai quattordici anni, età in cui si prevede il passaggio eventuale agli studi professionali. Imparare a suonare uno strumento è il mezzo per un fine ulteriore: la formazione dell'individuo. Molti dei bambini che hanno conosciuto lo strumento musicale attraverso il metodo Suzuki sono diventati musicisti di livello eccellente (basti citare il primo violino dei Berliner Philarmoniker o l'italiano Alessandro Milani, oggi primo violino dell'Orchestra Nazionale della RAI, formatosi al Suzuki Talent Center di Torino); certo la musica sarà una professione solo per alcuni, ma un elemento di crescita per tutti. La filosofia Suzuki rifiuta il concetto di musica come disciplina d'elite, nella certezza che il talento sia in ognuno e vada sviluppato attraverso gli stimoli dell'ambiente in cui il bambino cresce. La famiglia per prima deve perciò adoperarsi perché questo ambiente sia favorevole. Metodo significa cammino graduale con difficoltà crescenti: nel Suzuki in particolare la ripetitività sia dell'ascolto sia dell'esecuzione sono elementi basilari. Viene chiamato "Metodo della lingua madre", perché applica all'apprendimento delle abilità strumentali gli stessi criteri in base ai quali il bambino impara a parlare, prima di tutte la imitazione del maestro ma soprattutto dei genitori. Nasce per lo studio del violino e degli strumenti ad arco, prima di tutto perché il Maestro Shiniki Suzuki era violinista, ma anche perché gli strumenti sono reperibili in misure piccole adatte ai bambini e consentono l'impiego in orchestra, favorendo la socializzazione. Rispetto ad altre metodologie l'approccio con lo strumento è immediato, il che permette al bambino l'espressione non imprigionata all'interno di uno studio meramente teorico.

 

Suzuki: un approccio precoce allo strumento per crescere attraverso la musica

 

Il metodo Suzuki è uno dei metodi strumentali per bambini dai 3 ai 13 anni ( fascia d'età stabilita dalla scuola Suzuki italiana). Ideato dal didatta giapponese Shiniki Suzuki (1898-1998), ha fatto sì che tantissimi bambini di tutto il mondo potessero "dialogare" suonando insieme un repertorio comune tratto da brani della tradizione musicale europea e particolarmente tedesca (paese nel quale il Maestro compì la sua formazione violinistica). Secondo Shiniki Suzuki , per sviluppare le capacità strumentali di un bambino occorre creargli non solo un ambiente musicale adatto, ma fornirgli anche un buon insegnante; grazie all'abilità, all'esperienza e alla sensibilità dell'insegnante, il metodo verrà adeguato alle esigenze dell'allievo e non viceversa. Il maestro Sven, presidente dell'associazione svedese Suzuki, dice che il vero "metodo Suzuki" non è quello letto sui libri, ma quello vissuto quotidianamente da allievi, genitori e insegnanti; è un metodo vivo in continua trasformazione che si adatta alle diverse esigenze culturali.

 

Il ruolo dei genitori e l'età degli allievi

 

Quando si parla di educazione musicale rivolta ai bambini, è opportuno specificare l'età perché a ciò corrisponde un preciso percorso didattico da seguire. L'età degli allievi che vengono avviati alla metodologia Suzuki è compresa tra i 3 ai 5 anni (età prescolare), età in cui la presenza del genitore è fondamentale e il metodo di apprendimento è ancora imitativo. Il percorso didattico inizia con la ritmica strumentale: in questa lezione bambini e genitori apprendono melodie, ritmi esercizi di motricità e motilità fine delle dita, stabiliscono una strategia di lavoro comune, che servirà quando, dopo circa tre mesi, inizierà lo studio strumentale. Oltre alle lezioni di strumento individuali gli allievi svolgono attività comune nelle lezioni di gruppo, orchestra, stage, concerti, che costituiscono attività integrante dell'insegnamento. Dai 6 ai 10 anni (età scolare: scuola elementare) il bambino acquista in modo graduale autonomia nei confronti dell'adulto, prende coscienza di sé stesso come individuo indipendente, acquisisce una graduale capacità di ragionare su concetti astratti. Ecco che allora si introducono la lettura e la scrittura musicale, gli studi classici (Curci, Kayser, Sitt, Kreutzer ecc.) pur conservando l'esercizio della memoria, il suonare insieme, la necessità di non dimenticare "il repertorio passato". Il ruolo dei genitori naturalmente cambia: se prima era parte importante nell'educazione musicale dei figli ora è principalmente di sostegno. Dagli 11 ai 13 anni l'allievo è finalmente in grado di decidere se proseguire a livello professionale oppure amatoriale. Il genitore è finalmente libero dal suo difficile compito, il ragazzo (non più bambino) è ora in grado di seguire da solo e di capire il messaggio che l'insegnante offre ad ogni lezione e dare un'interpretazione personale alle esecuzioni (le età di queste tre tappe sono molto personali). Nel corso degli studi quindi non sono previste solo lezioni "a 3" (allievo-genitore-insegnante), ma anche "a 2" come nel metodo tradizionale. Il compito degli educatori, siano essi genitori o insegnanti, è aiutare il bambino in questa crescita.

 

L'ambiente e l'ascolto

 

Come è stato detto, compito della famiglia è quello di creare un ambiente musicale favorevole affinché le capacità del proprio figlio possano svilupparsi in maniera adeguata e naturale. Per far ciò occorre quindi ascoltare e cantare non solo i brani che verranno poi eseguiti strumentalmente, ma anche della buona musica (Classica, Folk, Jazz che sia) in maniera piacevole, magari come sottofondo ad altre attività distensive; occorre frequentare le sale da concerto e suonare insieme. La musica però è anche una disciplina ( e questo è vero qualunque sia il metodo), occorre esercizio quotidiano: a 4 anni saranno pochi minuti al giorno, a 13 anni saranno poche ore al giorno.

 

La scrittura

 

Il passaggio dal vocabolo parlato al segno grafico suscita naturale curiosità nel bambino di 5-6-anni (ultimo anno di scuola materna, primo anno di scuola elementare). Ciò accade anche in campo musicale (6-7 anni); se il maestro di musica, aiutato dal genitore, lo presenterà come un avvenimento meraviglioso e necessario il bambino non avrà nessun problema. Per un bambino di 3-5 anni imitare e ripetere vuol dire acquistare sempre più sicurezza , interiorizzare il messaggio, dai 6 anni in avanti il messaggio interiorizzato viene trasformato, lacerato, distrutto, adattato, ampliato, trasformato.

 

La ripetitività

 

L'insegnante deve sempre ricordarsi che ogni allievo di 3 anni o di 30 è un essere meraviglioso, unico, raro e irripetibile degno di ascolto e di rispetto, così la presenza di stima e di fiducia si ripercuoterà anche sulle esecuzioni che risulteranno personali e diverse dal modello proposto. Per un insegnante Suzuki forse sarebbe più comodo e più facile insegnare ad allievi che presentassero esecuzioni tutte uguali, purtroppo ciò non accade!!!!!

 

Il repertorio

 

Il repertorio proposto inizialmente è barocco e classico, poi, mano a mano che l'allievo sviluppa le proprie capacità individuali si può spaziare, purché la musica proposta sia di buon livello ( Noi abbiamo suonato Bach, Mozart, ma anche musica del 500-600 di Marenzio, Frescobaldi, Gabrielli, Brahms, Schumann, musica " fiddlers" arrangiamenti Jazz, Beatles, musica contemporanea, popolare)

 

Il metodo Suzuki: metodo d'elite

 

Si tratta di un metodo d'elite non tanto da un punto di vista economico (in Italia esiste solo in forma associativa privata; da noi si sono iscritti anche figli di postini, di collaboratrici domestiche, di operai e camerieri), ma soprattutto in quanto non tutti i genitori sono disposti ad affrontare il difficile compito di educare i propri figli nel loro percorso musicale. Oggi, comunque è più facile coinvolgere le famiglie, gli stessi genitori chiedono (non tutti) di entrare in questo mondo sconosciuto o solo sfiorato: la Musica. Fanno di tutto per essere dei buoni genitori "Suzuki", ma soprattutto diventano dei buoni ascoltatori e "fruitori" di musica. Negli ultimi 20 anni il metodo, lungi dal rimanere identico a se stesso, è stato adattato alle diverse realtà culturali in cui si è innestato. Molti di questi adattamenti sono stati ormai acquisiti (ad es. inserimento di nuovi brani, uso della lettura e scrittura musicale) e sono stati inseriti nella normale quotidiana metodologia suzukiana.

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

Edizioni a cura dell'Associazione SUZUKI Talent Center d'ItaliaL. Robert-Mosca "Il violino ed il bambino"

 

 

FIORENZA ROSI

 

Cari genitori... Con l'educazione il genitore sceglie gli stimoli da proporre al bambino e comunque si pone come mediatore rispetto a quelli che non può direttamente controllare. Spetta al genitore creare le condizioni per il successo: trovando i tempi giusti per il suo bambino; pretendendo; organizzando l'intervento perché il bambino accetti una quantità di sforzo per raggiungere il risultato; scegliendo i contenuti (il che non significa togliere gli ostacoli); concentrandosi perché l'insegnamento sia efficace; vigilando affinché il bambino utilizzi tutti i sensi (attenzione, concentrazione sono prerequisiti per l'apprendimento); controllando che ci sia una percezione chiara dello spazio (l'orientamento implica la percezione della propria personalità); favorendo una situazione di ordine (che svilupperà la memoria); promuovendo l'interiorizzazione del bambino, cioè la capacità di far suo un problema ed esprimersi risolvendolo. Per adempiere a questo impegno il genitore dovrà essere sempre presente alle lezioni del figlio per poter lavorare/giocare quotidianamente con lui a casa, seguendo le indicazioni dell'insegnante, con il quale è indispensabile un rapporto di fiducia sia riguardo l'utilità di certi esercizi (specie quelli preparatori), sia riguardo i risultati che otterrà il bambino (nessun genitore dubita che il suo bambino parlerà bene!). Dedicarsi al proprio figlio ne accresce l'affettività, la quale, come è stato dimostrato, sviluppa l'intelligenza.

 

L'attività del bambino e del genitore si svolgerà in più fasi:

 

  1. Esposizione: così come il bambino è "esposto" alle parole del genitore, così ascolterà le musiche registrate del repertorio Suzuki, nonché brani del repertorio barocco che più di altri si prestano per semplicità di struttura formale;
  2. Ripetizione: a distanza di tempo dall'inizio degli ascolti, così come il bambino fa quando pronuncia la prima parola, un po' per volta (i bambini imparano con la ripetizione e non si stancano: non si deve stancare neanche il genitore!);
  3. Incoraggiamento: come la gioia che il genitore manifesta quando il bambino pronuncia le prime parole;
  4. Memoria: ogni cosa si aggiunge e rimane. Questo servirà qualsiasi cosa il bambino farà da grande;
  5. Perseveranza;
  6. Orecchio;
  7. Coordinazione motoria, controllo del corpo (prende coscienza della propria abilità);
  8. Socializzazione (il bambino perde l'egocentrismo lavorando con simboli, sviluppa la capacità di applicarli a situazioni diverse, si relaziona).

 

Critiche al metodo Suzuki: alcune risposte ai possibili dubbi di un genitore

 

"È troppo piccolo, deve giocare"

Per il bambino che impara a suonare con il Metodo Suzuki, lo studio ha tutte le caratteristiche del gioco ed è sufficiente che metta in esso la convinzione e la serietà che abitualmente i bambini dimostrano nelle loro attività. Certo potrà capitare la volta in cui il bambino a casa non vorrà dedicarsi allo studio dello strumento, nel qual caso spetterà al genitore valutare se insistere, ridurre i tempi o rimandare.

"Impara tutto a pappagallo"

L'esecuzione, sino a circa il quarto volume del metodo è imitativa-mnemonica. Ciò permette di cominciare presto. Del resto il bambino prima impara a parlare e ben dopo a leggere.

"Da piccolo impara meno: perché non aspettare che sia più grande?"

Quando sarà più grande certe cose saranno più facili, come la lettura, la concentrazione, ma non la coordinazione e la manualità se non saranno state coltivate prima.

"Diventa un automa", "Suonano tutti gli stessi pezzi"

Solo se c'è la sicurezza tecnica è possibile esprimersi. Nelle lezioni individuali c'è cura del singolo. L'imitazione dei più bravi non è negativa (si pensi all'ascolto da parte di ogni musicista delle esecuzioni dei grandi interpreti). Il fatto di suonare tutti gli stessi brani consente l'esecuzione d'assieme (anche nelle orchestre professionali i musicisti suonano lo stesso pezzo!). È meglio che i piccoli non suonino in pubblico da soli, può essere traumatizzante. Quando sentono il desiderio di essere 'solisti' sono loro a richiederlo, non bisogna forzarli.

"Sono lezioni di gruppo"

È un'errata convinzione data da una conoscenza di questi bambini attraverso le apparizioni televisive come orchestra. In realtà le lezioni sono individuali con la presenza del genitore.

"Non studiano il solfeggio"

Certamente a tre anni non potrebbero. Tuttavia da quando cominciano a leggere la musica si inizia lo studio anche di tipo 'teorico'.

"Non è uno studio di tipo professionale", "L'insegnamento-gioco non è qualificante"

Cominciando lo studio a tre anni non si può utilizzare un metodo del tipo tradizionale dei Conservatori di musica né è nello spirito del Suzuki formare necessariamente dei professionisti. Nessun genitore del resto pensa che il bambino che impara a parlare debba diventare un oratore! È indispensabile fare cose vicine al bambino.

"Il bambino trova difficoltà nel passaggio allo studio di tipo tradizionale del Conservatorio"

L'allievo spesso rifiuta il nuovo ambiente perché poco interessante e subisce talvolta l'imbarazzo di essere considerato 'diverso'. Sarà opportuno farsi consigliare dall' insegnante Suzuki sulla scelta del futuro insegnante del Conservatorio. Confortano tuttavia i risultati ottenuti nella realtà torinese dove sono stati numerosi gli ex allievi della Scuola Suzuki che si sono iscritti e diplomati al Conservatorio.

 

IL CERVELLO UMANO

 

"Il cervello umano è un organo di elaborazione delle informazioni le cui diverse componenti dialogano continuamente tra loro scambiandosi dei messaggi nervosi di natura elettro chimica. Grazie a questi scambi l'individuo prende coscienza del mondo che lo circonda. Il cervello, o meglio il tessuto nervoso, è costituito da cellule nervose che si chiamano neuroni la cui funzione principale è quella di raccogliere i segnali chimici e fisici provenienti dall'esterno e dall'interno dell'organismo e di trasformarli in impulsi elettrici che sono condotti ad altre cellule nervose o muscolari o ghiandolari… Per facilità è possibile paragonare il nostro cervello ad un computer e i neuroni a dei microprocessori. Il cervello/computer è formato da molti neuroni/microprocessori, ciascuno dei quali stabilisce delle connessioni con altri neuroni/microprocessori, scambiando delle informazioni sotto forma di messaggi chimici liberati da impulsi elettrici. Visto da sopra, il cervello assomiglia ad una noce; è costituito infatti, da due volumi di forma simile, arrotondati e ricco di circonvoluzioni, uniti tra loro nel mezzo. Queste due metà si chiamano "emisfero sinistro" ed "emisfero destro" e comunicano tra loro attraverso il corpo calloso.

 

SVILUPPO DEL CERVELLO UMANO

 

Lo sviluppo del cervello è un fatto dinamico e in continuo mutamento: può essere arrestato, rallentato oppure accelerato. L'intero processo di crescita è essenzialmente completo all'età di 8 anni. Alla nascita il neonato possiede 100 miliardi di cellule nervose che permetto circa 2.500 connessioni, a 2 anni le connessioni aumentano a 15.000/18.000, nella prima infanzia il cervello crea più connessioni di quanto siano necessarie, da ciò si spiega la grande flessibilità del bambino ad imparare e a reagire positivamente alle malattie; poi dai 2/3 anni fino alla pubertà il bambino eliminerà tutte le connessioni superflue. A 5 anni la crescita del cervello ha raggiunto l'80% del suo sviluppo totale; a 8 anni è virtualmente completo. Dagli 8 agli 80 anni la crescita del cervello è addirittura inferiore a quella che si riscontra fra il 7° e l'8° anno. Nello sviluppo normale i bambini passano attraverso 4 stadi di carattere motorio:

 

  1. ALLA NASCITA il midollo allungato o bulbo (è la continuazione in alto del midollo spinale) e il midollo spinale controllano il grido neonatale, il riflesso della luce, il sussulto riflesso, la presa riflessa (un bambino può stringere un oggetto, ma non lasciarlo andare volontariamente), il riflesso di Babinski, la mobilità è di carattere ondulatorio, simile a quella di un pesce.
  2. TRA DUE E TRE MESI si sviluppa il ponte, che è situato sopra il midollo allungato. Il ponte controlla la risposta vitale a minacce alla vita. Il bambino può, una volta afferrato un oggetto lasciarlo andare volontariamente, incomincia a sentire se stesso e i suoni intorno a lui, ma non può localizzarli perché usa le orecchie indipendentemente una dall'altra, muove le braccia in modo da spostare l'intero corpo strisciando, vede in maniera bi-oculare, cioè gli occhi sono usati in modo alterno e raramente insieme.
  3. TRA I SETTE E GLI OTTO MESI si sviluppa il mesencefalo che controlla la presa prensile ed il coordinamento motorio nel gattonare a schema incrociato. Il bambino ora raccoglie oggetti con le mani come se fossero manopole e impara a seguire con entrambi gli occhi sia nel gattonamento sia nella presa degli oggetti; vede in maniera binoculare, cioè gli occhi sono usati simultaneamente. Il bambino gioca con i primi suoni, borbotta sillabando e incomincia a selezionare quelli della propria madre lingua
  4. TRA I NOVE MESI E L'ANNO si sviluppa la corteccia cerebrale che controlla il cammino a schema incrociato; le braccia non seguono il sistema motorio incrociato delle gambe, ma sono sollevate sopra la testa o tenute lateralmente come timoni (ciò accadrà verso i tre/ quattro anni) gli occhi incominciano a convergere e a percepire la profondità degli oggetti. I suoni acquistano un carattere stereofonico. Il bambino incomincia a capire il linguaggio parlato.

 

IL LINGUAGGIO

 

Verso i 12-18 mesi il linguaggio decolla: si apprende una parola ogni ora, da parole semplici si aggiungono parole più complicate, nasce la frase almeno di due parole. Tra i 2-3 anni il bambino parla correttamente, usa il linguaggio per esprimersi, farsi valere e dare sfogo alla propria fantasia.

 

LATERIZZAZIONE

 

Il passaggio successivo verso una funzione completamente umana è lo sviluppo della dominanza corticale emisferica: ora i due emisferi di cui si è parlato precedentemente cominciano a sviluppare funzioni differenziate e ad assumere un ruolo dominante uno e subdominante l'altro. A volte i due emisferi operano singolarmente, vale a dire che uno di essi è attivo e l'altro è più o meno inattivo, a volte entrano in conflitto tra loro a volte svolgono un ruolo complementare.

L'emisfero dominante, in genere quello sinistro, (per i destrimani) controlla secondo in sistema incrociato la parte destra del corpo e l'emisfero sinistro la parte destra (accade il contrario per i mancini). Attraverso vari esperimenti di circa 70 anni fa si è potuto constatare che la funzione del linguaggio e le capacità connesse risiedono nell'emisfero sinistro nella maggior parte degli individui (98% circa nei destrimani e due terzi nei mancini). Oltre al linguaggio nell'emisfero sinistro compaiono altre funzioni: analitiche (soluzione dei problemi per gradi affrontando un aspetto per volta), simboliche uso dei simboli per la rappresentazione degli oggetti), astratte, temporali (scansione del tempo, applicazione di un ordine successivo agli oggetti e alle azioni), razionali (formulazioni di conclusioni in base a premesse e fatti, computistiche (uso dei numeri), logiche, lineari (pensiero basato su idee collegate). Nell'emisfero destro invece compaiono funzioni: non verbali, sintetiche, concrete, analogiche (comprensione dei rapporti basate sulle metafore, percezione delle somiglianze tra gli oggetti), atemporali, non razionali, spaziali, intuitive, globali. È la dualità che esiste tra Yin e Yang (i Ching o il libro dei mutamenti-testo cinese taoista)

YIN: femminile, negativo, luna, oscurità, arrendevolezza, lato sinistro, caldo, autunno, inverno, inconscio, parte destra del cervello, emotività.
YAN: maschile, positivo, sole, luce, aggressività, lato destro, freddo, primavera, estate, conscio, parte sinistra del cervello, raziocinio.

In pratica ciascun emisfero percepisce una propria realtà, o per meglio dire percepisce la realtà a suo modo, ma entrambi le percezioni servono per avere una visione completa. Come è stato precedentemente detto , a volte gli emisferi si alternano altre volte operano insieme, ma uno dei due ha sempre la funzione predominante e ciò dipende dalla velocità e dalla motivazione (dell'emisfero ad impadronirsi del compito). Purtroppo il sistema educativo dei nostri paesi è tutto impostato sullo sviluppo dell'emisfero sinistro, a quasi discapito dell'emisfero destro dimenticando spesso che per formare una persona equilibrata occorre sviluppare entrambi gli emisferi. La Musica , essendo un linguaggio, è controllata dall'emisfero sinistro, ma la musica suscita anche emozioni sensazioni controllate questa volta dall'emisfero destro, l'emisfero destro gioca un ruolo predominante nel riconoscimento delle melodie e della tonalità, quello sinistro il ritmo, da ciò si spiega perché i musicisti abbiano un'attività elevatissima di neuroni che rispondono agli stimoli sonori; inoltre si è verificato da recenti studi tedeschi che particolari zone del cervello, il "corpo calloso" e il "planum temporale di sinistra" (la zona di corteccia responsabile dell'elaborazione degli stimoli sonori ) risultano più sviluppate nei musicisti. Ecco quindi l'importanza dell'educazione musicale in tenera età, periodo in cui il bambino assorbe ogni esperienza educativa, ecco l'importanza di creare intorno a lui un ambiente ricco di stimoli, ecco l'importanza di proporgli un educazione che sviluppi entrambi gli emisferi del cervello.

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

VITA DI SHINIKI SUZUKI

 

"Il Shiniki Suzuki è nato il 17-10-1898 a Nagota da Masakichi Suzuki e da Ryo Fujie, 3° di una famiglia di 12 figli. La madre Ryo Fujie proveniva da una famiglia di Samurai molto ricca, il padre, Masakichi Suzuki, proveniva da una famiglia di Samurai più povera che possedeva una fabbrica di Shamisen, strumento a corde giapponese. Il padre è nato nel 1859 sotto la dinastia dei Tokugaua che regnò dal 1600 al 1868. In tale periodo il Giappone visse una sorte di feudalesimo in cui la società era organizzata in caste chiuse e vigeva un forte nazionalismo che vietava qualsiasi influsso culturale europeo. Il 3-1-1868 si insediò la dinastia dei Meji e l'imperatore diede l'avvio a una serie di riforme tanto che nel 1889 si arrivò alla concessione della costituzione. Masakichi divenne prima insegnante di lingua inglese e poi, riscattando la fabbrica dei suoi antenati, dirigente e costruttore di violini. In questo clima culturalmente vivo ed innovativo crebbe Shiniki Suzuki che nel 1919 (a 21 anni) andò a Tokio per studiare il violino. Nel 1920, invitato dal conte Tokugaua (ultimo discendente dei Shoguns), parte per intraprendere un viaggio del mondo, in realtà arriva in Germania (a 22 anni) e qui si ferma per 8 anni. Per qualche anno Shiniki risiede a Berlino e diventa allievo di Karl Klinger, respira la fervida atmosfera culturale tedesca, diventa amico di Albert Einstein, conosce il dottor Michaelis, scienziato ed organizzatore di serate culturali. Nel 1928 conosce e sposa Waltraud Prage, soprano solista della chiesa cattolica, dopo 4 mesi la madre di Shiniki si ammala gravemente e così la coppia si trasferisce in Giappone.(nel frattempo la fabbrica del padre fallisce nel 1929). In Giappone, insieme ai suoi fratelli, fonda il quartetto "Suzuki" dando concerti in tutto il paese. Nel 1937 è docente alla "scuola di musica imperiale" e nella scuola di musica "Kunitachi" a Tokio, ma nel 1943, è ormai impossibile vivere a Tokio causa la guerra si trasferisce sulle montagne del Kiso-Fukushima dove il padre aveva trasferito e trasformato la fabbrica di violini in costruzione di navi belliche. In queste montagne Shiniki matura la sua didattica e nel 1945 viene chiamato ad insegnare a Matsumoto dove fonda il "Suzuki Talent Education Institute". Nel 1964 si reca con la sua orchestra di bambini negli Stati Uniti e qui desta molto scalpore, perplessità e ammirazione. Negli anni '70 il metodo arriva in europa e nel 1975, grazie all'instancabile lavoro dei coniugi Mosca, arriva in Italia. Il metodo viene chiamato "il metodo della madre lingua" considera la musica come un linguaggio e si impara come propria madre lingua: ascoltando e ripetendo, in tenera età nell'ambito della famiglia. Suzuki riesce a trovare nella sua didattica un felice equilibrio tra la cultura orientale ricca di filosofia Zen e la cultura occidentale dinamica ed individualistica. Suzuki fu apprezzato e criticato in tutte le parti del mondo, ebbe numerose onorificenze in Giappone, Germania, Belgio, Francia, Stati Uniti, tra cui otto dottorati onorari. Joseph Cingold, presidente dei maestri americani di violino, disse di lui: "Suzuki ha fatto per l'esecuzione violinistica più di qualsiasi persona in questo secolo". Shiniki muore per un attacco cardiaco a Matusmoto martedì 27 gennaio (o 16-1 o 25-1) 1998 alla veneranda età di 99 anni.

 

CULTURA ORIENTALE - CULTURA OCCIDENTALE

 

I bambini giapponesi vengono spesso chiamati con una antica espressione: "kodakarà" che significa "bimbo tesoro", fino all'età di sette anni i bimbi vengono molto festeggiati ed amati, le madri sono affettuose ed indulgenti con i loro piccoli (ora qualcosa sta cambiando, l'importanza del successo scolastico ha fatto sì che l'educazione sia diventata più rigida), dopo i sette anni i bambini sentono il peso di appartenere ad una certa società e di integrarsi in maniera adeguata (ritorneranno ad essere amati e coccolati in età senile). È importante sottolineare che la parola "educazione" è espressa con il termine "shitsuke": "esercizio", disciplina, ma anche educazione al comportamento, alla moralità e all'etica necessari alla vita quotidiana. Anticamente il compito di educare i figli spettava al capo famiglia, cioè al padre, in caso di sua assenza era compito nonni. Dopo la seconda guerra mondiale le nuove leggi sulla successione della proprietà cambiarono portando alla sparizione della famiglia patriarcale e della figura del capo famiglia; il padre perse l'autorità ed il compito assoluto di educare i propri figli (così avvenne anche per i nonni) e negli anni '50, dedicando molto tempo al lavoro, delegò la moglie a tale compito. Il raggiungimento del successo da parte del bambino in fase adulta ripaga i sacrifici e la sofferenze dei genitori; da ciò nasce il profondo senso di "debito" e di "gratitudine" o di "colpa" nei confronti dei propri genitori e dei propri avi. Così, secondo la filosofia giapponese ogni uomo sta bene con se stesso quando riesce a stare al "proprio posto" nella società in cui appartiene; l'adulto ha timore della condanna sociale e di cadere nel ridicolo; considera antisociale colui che disturba la pace e l'armonia in una comunità e prova un forte "senso di colpa" e di " vergogna" se non raggiunge certi determinati scopi . Da ciò si può spiegare la fiducia all'ordine e alla gerarchia così sentita da un giapponese e così antitetica con la nostra fede nell'uguaglianza e nella libertà. Il senso di "vergogna" per i giapponesi, è inteso come mancata soddisfazione dei valori morali davanti alla propria coscienza. L'etica giapponese è orientata verso interessi e motivazioni intersoggettive e comunitarie, mentre l'etica occidentale è generata da interessi e motivazioni soggettive ed individuali. Queste differenze culturali dipendono da tradizioni religiose e storiche diverse: in Oriente gli insegnamenti confuciani e buddisti regolarono i rapporti morali tra genitore e figlio, tra moglie e marito, fra padrone e servitore, tra fratelli e fra amici e manca il concetto ontologico di persona come nucleo dell'esistenza storica in quanto l'individuo non è separabile dal gruppo sociale in cui appartiene. In Occidente la tradizione religiosa giudaico-cristiana sostiene invece che tutti gli esseri viventi sono uguali di fronte Dio e che la personalità di ogni individuo è frutto di sviluppo e maturazione. In Oriente "le regole presenti nel sistema feudale riscuotevano la fiducia della popolazione ed ognuno poteva sentirsi sicuro nell'osservarle; il coraggio e l'onestà di una persona si dimostravano attraverso il rispetto di queste leggi e non attraverso i tentativi di modificarle o di ribellarsi. Il rispetto per l'ordine gerarchico è espresso, ancora oggi, in seno alla famiglia." (1) Dalla filosofia buddista derivò la filosofia Zen, la quale non tardò a diffondersi tra i samurai; "in una civiltà da questi dominata la morte era sempre presente e distruggere la paura della morte fu proprio uno dei compiti della filosofia Zen. Lo Zen si adoperò a ridestare l'innato senso estetico dell'anima giapponese creando stretti legami con le caratteristiche nazionali del Giappone. Lo Zen diede grande impulso non solo all'architettura, alla pittura, alla calligrafia, alla ceramica, ma anche alla poesia e alla musica…….. Lo Zen considera l'uomo come parte integrante delle cose che lo circondano……. di un universo il cui fondamentale principio è la relatività piuttosto che il dissidio: non esiste alcun scopo non essendoci vittoria da ottenere, né fine da raggiungere, poiché ogni fine è un estremo, un opposto….In virtù di questo principio, quindi, non esiste alcuna fretta proprio perché il mondo non procede verso alcuna meta" (1). Bisogna raggiungere lo scopo senza sforzo, bisogna essere liberi e distaccati dal proprio "se" e far sì che tutto sgorghi dall'inconscio. Questa condizione di inconsapevolezza la si raggiunge solo se si è perfettamente liberi da ogni difficoltà tecnica e si possieda una assoluta padronanza della forma. Ecco qui l'importanza della ripetizione, della venerazione verso il maestro la cui pazienza di aspettare e rispettare i ritmi dell'allievo farà sì che l'abilità tecnica diventi abilità spirituale. Lo Zen presuppone quindi un rilassamento fisico che si acquisisce concentrandosi sulla respirazione, una concentrazione di tutte le forze fisiche e psichiche.( Il libro di Herrigel " Tiro con l'arco" è un felice esempio di come un uomo occidentale possa capire questa filosofia orientale). Da qui l'importanza della memoria che diventa "lo strumento attraverso cui è possibile automatizzare ed interiorizzare l'esperienza"(1) in modo che l'arte appresa diventi arte in appresa. La memoria migliora con l'esercizio e contribuisce allo sviluppo del carattere dell'individuo. Il Maestro S. Suzuki (famoso musicista e maestro giapponese), riesce a trovare nella sua didattica una felice applicazione di questi principi. Nel suo libro "Crescere con la musica" afferma che il talento di ciascun bambino non è innato, ma viene sviluppato grazie all'ambiente circostante, grazie all'esercizio, grazie a ciò che l'autore chiama Kan. "Attraverso esercizi ripetuti acquistiamo un eccezionale vigore . La nostra attività vitale genera –indipendentemente dalla nostra volontà- un grande potere, chiamato "Kan", che ci rende capaci di superare tutte le difficoltà"…. "Ciò che è assolutamente necessario nell'educazione è una pazienza infinita e una resistenza incrollabile, quello che noi chiamiamo "Kan" cioè l'intuito, il sesto senso" (2).

(1) Università degli studi di Bologna: Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Discipline delle arti della Musica e dello Spettacolo (D.A.M.S.) "Educazione musicale nell'età prescolare. Comparazione tra il metodo Suzuki e gli orientamenti psicopedagogici della Cultura Italiana" Anno Accademico 1989-90 Tesi di laurea di Tania Masiello.

(2) S.Suzuki "Crescere con la Musica" ed. Carish (1996)

 

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