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Brahms, la tenera gaiezza della Seconda sinfonia

 

«Non scriverò mai una sinfonia» aveva dichiarato un Johannes Brahms in preda allo sconforto all'amico Hermann Levi. Era il 1870 e la realizzazione della sua Prima sinfonia proseguiva lentamente e tra mille dubbi. Il compimento dell'opera appariva però come un fatto ineluttabile. Fin dal 1855, Brahms aveva enunciato a grandi linee i suoi propositi a Clara Schumann: «E ora al lavoro con ouvertures e sinfonie che scatenino l'entusiasmo e facciano grande sensazione!». Ma quell'impeto iniziale doveva alla lunga fare i conti con l'altra faccia della medaglia, con la necessità di far decantare le idee, di sottoporle a una ferrea autocritica. Della vicenda della Sinfonia n. 1 in do minore op. 68 ognun sa: l'opera ebbe una delle gestazioni più lunghe e sofferte della storia musicale. Per quel che sappiamo, l'inizio della composizione va collocato attorno alla fine del 1862. È sintomatico che un giovane compositore con una certa ambizione, precocemente ammirato, non abbia scelto di cominciare la propria scalata al successo scrivendo sinfonie, ma ci arrivasse attraverso un processo lento e faticoso. Generalmente, si imputa all'ombra lunga delle sinfonie beethoveniane il sorgere di tanti crucci nell'animo di Brahms, e in sottordine all'impietoso confronto che il pubblico viennese, abituatosi al non plus ultra, avrebbe inevitabilmente stabilito con qualsiasi nuova proposta. Alla lunga stesura della Prima sinfonia Brahms dedicò le vacanze estive del 1874 a Rüschlikon, del 1875 a Ziegelhausen e del 1876 a Sassnitz. Tra l'agosto e il settembre del 1876 la Sinfonia fu compiuta, nonostante tagli e aggiustamenti che l'Amburghese continuò a operare anche nei mesi seguenti. La prima esecuzione avvenne a Karlsruhe il 4 novembre 1876 a mo' di collaudo generale, prima che Brahms stesso la dirigesse tre giorni dopo a Mannheim. Il pubblico accolse l'opera tiepidamente, mentre per la successiva esecuzione a Monaco la risposta fu decisamente negativa.
A questa tortuosa vicenda fa da contraltare il repentino approntamento della Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73. «La si direbbe nata – come scrive Francesco Bussi nel suo bellissimo La musica strumentale di Johannes Brahms, purtroppo oggi introvabile – per generazione spontanea nel solco pionieristico della prima, secondo il singolare abito brahmsiano del produrre a coppie un primo lavoro propedeutico-sperimentale e un secondo, della stessa specie, progredito e scrollato di dosso a tempi di primato». Nel caso della Seconda bastò l'estate del 1877 trascorsa in Carinzia, a Pörtschach, sulle rive del lago Wörthersee, per dare forma all'opera. Clara Schumann fu la prima ad ascoltare la Seconda al pianoforte. Il 3 ottobre 1877 annota sul suo diario queste impressioni: «Johannes è venuto stasera e mi ha suonato il primo tempo della sua Seconda sinfonia: ne ho provato diletto. […] Avrà più successo con questa Sinfonia che con la Prima: è di tono così amabile e così genialmente elaborata!» Altre impressioni manifestava Brahms all'editore Simrock preparando all'invio dell'opera: «La nuova Sinfonia è così malinconica che lei non riuscirà a sopportarla. Non ho mai scritto niente di così triste, così in tonalità minore, e la partitura dovrà uscire in veste di lutto». Esagerazioni dettate forse da una certa cautela diplomatica. Davanti agli orchestrali viennesi che avrebbero dovuto suonare la Seconda sinfonia, Brahms afferma che si tratta di una «piccola sinfonia, gaia, assolutamente innocente». E, in previsione della "prima", li invita a rimpinzarsi di Berlioz, Liszt e Wagner per un mese: «solo così la sua tenera gaiezza vi farà molto bene». Un consiglio valido anche per gli ascoltatori di oggi.

 

Luca Conti (da www.sistemamusica.it)