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Brahms & Schoenberg, sestetti progressivi

 

Brahms compone i due Sestetti per archi prima di affrontare quartetti e quintetti, quasi come se la simmetria dell'organico (due violini, due viole, due violoncelli) corrispondesse meglio alle sue esigenze musicali sul fronte della disciplina, della chiarezza e delle proporzioni armoniche. Sembrano avvalorare questa ipotesi le parole di Massimo Mila, quando dice che "il sestetto è per natura lirico, calmo, sereno. Non saprei altrimenti descriverne la tendenza alla piana omogeneità sonora che insistendo sul suo carattere di "parità"". In effetti, rinunciando al pianoforte, Brahms elude il naturale antagonismo tra i due blocchi sonori che caratterizza ad esempio il camerismo di Beethoven e Schubert.
Nell'op. 18, datata 1860, lo sferico equilibrio di rapporti sonori riscontrato da Mila non sempre si riflette sulla regolarità della struttura tematica. Lo nota per primo Arnold Schoenberg nel suo saggio Brahms il progressivo, in cui analizza i particolari dello stile di Brahms e mette in evidenza la modernità del suo linguaggio, fondata proprio sulla libertà e lo svincolo da certe simmetrie. E sottolinea come questa modernità non sia tanto acquisita quanto innata: "Asimmetria, combinazioni di frasi di diversa lunghezza, numero di battute indivisibili per 8, per 4 o per 2, cioè numero dispari di battute, e altre irregolarità, si possono notare già nei primi lavori. Il tema principale del Primo sestetto in si bemolle op. 18 è formato di nove battute […]. Il tema subordinato dello stesso tempo consiste nella congiunzione di due suoi incisi a e b, per dare luogo a due frasi di due battute seguite da una frase di tre e da una di due, fino ad arrivare a nove battute". Al di là dei numeri, Schoenberg vuole confutare la tesi molto diffusa ancora nei primi decenni del XX secolo che il vero innovatore sia Wagner, a fronte di un Brahms accademico.
Sarà un caso, ma anche il demiurgo della dodecafonia sceglie un sestetto d'archi, formazione per niente diffusa nel XIX secolo, per il suo debutto cameristico con Verklärte Nacht. Sono trascorsi quarant'anni nel corso dei quali si è dissolto il mito dell'Austria felix insieme alla potenza dell'Impero austriaco. Schoenberg è intriso delle inquietudini che agitano la Mitteleuropa sull'abisso del XX secolo, e il riposante tono brahmsiano è cosa ormai lontana: la scrittura iperespressiva e instabile che combina la musica a programma di Strauss e il cromatismo di Wagner recupera piuttosto la polifonia espressiva e il calore armonico dei sestetti di Brahms, facendo un atto d'amore più eloquente delle parole di un saggio.

 

Filippo Fonsatti (da www.sistemamusica.it)