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Bruckner e Mahler, due Quinte parallele

 

Un quarto di secolo separa le due Quinte sinfonie di Anton Bruckner e Gustav Mahler. Tra i due capolavori è dato cogliere alcune significative correspondances, non suffragabili forse sul piano documentario tanto da essere autorizzati a parlare di "filiazione", utili tuttavia sicuramente per comprenderne meglio l'essenza. Nel febbraio 1875, allorché attaccò la Quinta, Bruckner cominciava a maledire d'aver lasciato la felicità di Linz per trasferirsi a Vienna. «La mia vita ha perso tutta la gioia e l'entusiasmo», confidava a un amico. I soldi erano pochi e stentati… Soprattutto lo feriva la completa mancanza di considerazione per il suo lavoro di compositore. Non a caso incominciò proprio dall'Adagio. Il resto della Sinfonia fu scritto nel maggio 1876. Gli ultimi ritocchi ancora nel maggio 1878.
Il problema delle revisioni da sempre tormenta gli esegeti bruckneriani. Davvero un bell'osso duro le sue Sinfonie, anche per il filologi più agguerriti, non c'è che dire. Ciò che li manda in tilt è che questa volta non c'è nessun Urtext a cui risalire. In Bruckner il processo creativo era di una complessità unica. Il suo era una sorta d'opus perpetuum, ossia lavorava a tutte o quasi le sinfonie insieme. Scrivendone una, ne correggeva un'altra. Continue revisioni e varianti, quindi. Solo la Sesta, la Settima e la Nona (incompiuta) hanno una versione unica. Insicurezza caratteriale, faustiana incontentabilità, un'umiltà forse eccessiva che lo spingeva a prestar fede alle critiche di persone ritenute fidate e competenti… Interpretatela come preferite. Se si riesce a prescindere per un attimo dal problema filologico del testo, forse non si dovrebbe far altro che ammirare il compositore per la sua immensa energia e la sua implacabile forza di volontà. Quando nell'estate 1901 Mahler si mise a comporre la Quinta, per lui era invece momento di eccezionale vena creativa. Quello fu per lui l'anno d'una svolta decisiva con l'inaugurazione d'"uno stile completamente nuovo". Tra febbraio e marzo, è vero, c'era stato qualche problema di salute. Nulla, comunque, in confronto alla felicità che gli avrebbe arrecato a novembre l'incontro con Alma Schindler, sposata poi nel giro di quattro mesi. Insomma, nell'accingersi alle rispettive Quinte tanto Bruckner era depresso quanto Mahler era esaltato.
I parallelismi sono a livello ben più significativo. Se la divina irresolutezza bruckneriana era stata fino ad allora tutto sommato sconosciuta a Mahler, ora, entrato nella nuova fase della sinfonia esclusivamente strumentale, egli sembra smarrire le certezze conquistate al termine della monumentale tetralogia delle Wunderhorn-Symphonien. Nell'estate 1901 anche lui incomincia non dal primo movimento, ma dallo Scherzo; poi forse compone i primi due tempi. Il quarto e il quinto risalgono senza dubbio all'estate 1902; nel 1903 stava ancora lavorando alla strumentazione; nel 1904 la modificò ancora. Prima della morte, la Quinta fu oggetto di altre cinque revisioni…
La saldezza della coesione strutturale della sinfonia intesa come organismo unitario, la densità e la complessità del contrappunto. Ecco gli aspetti importanti che rendono davvero parallele queste due Quinte. I primi tre movimenti sono strutturati da Bruckner come una «vasta sezione preparatoria» che converge nel Kulminationspunkt del Finale, che egli stesso definì in assoluto il suo «capolavoro contrappuntistico». Tale consapevole volontà costruttiva trova uno straordinario rispecchiamento nell'architettura mahleriana, articolata in cinque movimenti, quattro dei quali disposti a coppie intorno allo Scherzo centrale. Parallelamente a quello di Bruckner, anche il Finale di Mahler è un saggio strepitoso d'un magistero contrappuntistico per lui affatto nuovo. Il frutto prezioso dello studio ammirato dei Mottetti di Bach.

 

Angelo Chiarle (da www.sistemamusica.it)