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Dietro la barba di Verdi

 

Da anziano Verdi ebbe a volte il curioso vezzo di non nominare il numero degli anni compiuti, mentre si lamentava per gli acciacchi dell'età. Il suo rigore morale - spesso ai limiti della rigidezza - gli faceva credere fosse stata cosa riprovevole l'essere vissuto tanto a lungo. Morì il 27 gennaio 1901, a ottantasette anni e tre mesi abbondanti. Un periodo notevole per quel tempo. Eppure, in così tanti anni, è riuscito a far comprendere ben poco di sé. Sempre nascosto dietro la barba che celava la pelle "vajuolata", Verdi era un uomo schivo e duro. Calibrava ogni espressione emozionale. Fu geloso della vita privata e s'impegnò per far dissolvere nella leggenda il proprio passato. […] C'era forse in lui un risentimento, quasi una vergogna per le iniziali sfortune, compresa la distruzione dell'intera famiglia. L'idea della persecuzione di un avverso destino sembrava alimentare - al di là dei successi - un inconsolabile malessere interiore, quel dolore profondo non raro nel grande artista. Con la contessa Maffei si lasciava andare a frasi del tipo: "Vedo molto nero, eppure non v'ho detto la metà del male che penso e temo", o "Che mondo infame!… Ma no… Il mondo è troppo stupido per essere infame", o ancora "Nella vita non è tutto morte? Che cosa esiste?". Verdi era un pessimista. Aveva scarsa considerazione dell'uomo. Il suo egoismo artistico - la totale concentrazione sull'opera - portava con sé indifferenza verso cose e persone. Verdi tendeva a fare il vuoto intorno a sé, e la moglie lo aiutava nell'isolamento, soffiando spesso sul fuoco del dubbio sul prossimo. La sua naturale diffidenza lo spingeva a essere sempre tormentato dall'idea che qualcuno lo potesse ingannare, tradire o raggirare. Di qui la reticenza sul privato, più appariscente ancora della malinconia esistenziale. […]
Noto "antiverdiano pentito" fu anche il direttore d'orchestra tedesco Hans von Bülow, che era arrivato al ridicolo di far pubblicare un articolo contro "l'onnipotente corruttore del gusto artistico italiano", del quale, dichiarava, non sarebbe andato ad ascoltare la Messa da Requiem, pur trovandosi a Milano. Verdi aveva commentato di sfuggita: "…se sono così insolenti, la colpa è principalmente nostra. Quando essi vengono in Italia noi gonfiamo talmente la loro boria naturale colle nostre manie, coi nostri entusiasmi, coi nostri epiteti sragionati, che essi naturalmente devono ben credere che non sappiamo respirare né vedere la luce senza che essi portino il loro sole". Bülow cambiò idea, anche perché Brahms, leggendo lo spartito della Messa, la definì l'opera di un "genio". Bülow scrisse a Verdi, scusandosi per i passati giudizi avventati: aveva studiato Aida, Otello, aveva pianto ascoltando la Messa. "… e non è il caso di parlare di pentimenti e di assoluzioni! - gli rispose Verdi - Se le vostre opinioni d'una volta erano diverse da quelle d'oggi, voi avete fatto benissimo a manifestarle; né io avrei mai osato lagnarmene. Del resto, chi sa… forse avevate ragione allora". (La Germania è da oltre un secolo la nazione più fanaticamente verdiana al mondo). […]
Abbiamo voluto mettere anche più avanti tante belle citazioni dall'epistolario verdiano, poiché un album di stampe e di vecchie foto è bene che parli come un fumetto, in cui la lingua corrisponde ai personaggi e all'ambiente. L'esserci attenuti a particolari della biografia, senza addentrarci in giudizi sull'opera, forse avrebbe fatto piacere anche all'orso di Busseto, che parlò un giorno di "critiche stupide ed elogi più stupidi ancora". Come nel celebre monumento parmense, che ha riservato una nicchia e una statua per ogni opera del musicista, anche noi abbiamo voluto dedicare, salvo eccezioni, un paio di pagine a ogni singolo titolo, anche se sappiamo che la sua produzione è diseguale per valore e accuratezza di scrittura, come lui stesso sapeva. La visione del mondo di Verdi è in gran parte affidata a stampe e incisioni. Le fotografie sono solo degli ultimi anni. Certo, dell'infanzia verdiana non c'è nulla. Nel 1832, quando non esistevano fotografie sui documenti, Verdi veniva così descritto dall'impiegato di polizia che gli aveva rilasciato il passaporto per Milano: "Alto di statura, con una selva di capelli castani, fronte alta, occhi grigi, sopracciglia nere, naso aquilino, bocca piccola, barba scura, mento ovale, volto scarno, tinta pallida, segni particolari: vajuolato". L'identikit di uno che stava per conquistare il mondo.

 

Franco Pulcini (da www.sistemamusica.it)