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Gioacchino Rossini

 

Compositore italiano, nacque a Pesaro nel 1792.
Figlio di genitori musicisti, il piccolo Gioacchino ebbe le sue prime esperienze musicali nel teatro lirico. Il padre Giuseppe, era considerato ottimo suonatore di tromba e, soprattutto, di corno; subì qualche traversia per motivi politici tra cui dieci mesi di carcere per la sua adesione ai mori rivoluzionari. La madre Anna, svolse un'apprezzata attività di cantante in varie stagioni teatrali marchigiane organizzate dal marito Rossini intraprese a Bologna lo studio della musica con Giuseppe Princetti e continuò poi a Lugo di Romagna, dal 1802 al 1804, alla scuola del canonico Giuseppe Malerbi che probabilmente gli fece conoscere per primo lavori di Mozart e Haydn.
Stabilitosi nuovamente a Bologna, cominciò a farsi notare intorno ai tredici anni, quale clavicembalista, violinista e cantore nelle chiese bolognesi. Iscrittosi al liceo musicale, che frequentò dal 1806 al 1810, si distinse nello studio del pianoforte, del violoncello e del contrappunto mentre cominciava ad affiorare anche il suo precoce talento di compositore. Risalgono, infatti, al periodo bolognese la cantata Il Pianto d'Armonia sulla morte di Orfeo composta nel 1808, due sinfonie e l'opera Demetrio e Polibio rappresentata nel 1812. Stabilitosi a Roma, dopo i successi del 1810 con La Cambiale di matrimonio a Venezia, e del 1811 a Bologna con L'equivoco stravagante Rossini produsse fino al 1815, a velocità incredibile, sedici opere tra buffe e serie. Grande successo ebbe anche, nel 1812, La Pietra di paragone e la crescente fama del ventenne compositore fu consolidata dalle rappresentazioni nel 1813, ancora a Venezia, della farsa giocosa Il signor Bruschino ossia Il Figlio per azzardo e delle opere Tancredi e L'italiana in Algeri.
Sempre nel 1813, debuttò al Teatro alla Scala di Milano con l'opera Aureliano in Palmira, accolta con freddezza rinnovata all'autore dal pubblico milanese anche in occasione de Il turco in Italia (1814).
Dilagarono però, subito dopo, nei maggiori teatri italiani ed europei, le successive opere rossiniane, ed in particolare Il Barbiere di Siviglia scritta nel 1816 in soli quindici giorni per il teatro Argentina di Roma; rappresentata con l'iniziale titolo Almaviva ossia L'inutile precauzione ebbe accoglienze trionfali nonostante una "prima" molto sfortunata. Legatosi nel frattempo al "principe degli impresari", Domenico Barbaja del San Carlo di Napoli, lavoro per lui praticamente fi al 1822, non trascurando però impegni per teatri di altre città come Milano e Roma.
In quegli anni Rossini si congedò dall'opera buffa con Otello ossia Il Moro di Venezia (Napoli, 1816), e con Cenerentola ossia La Bontà in trionfo (Roma. 1817). Recatosi con Barbaja a Vienna conobbe Beethoven che gli mostrò stima e considerazione. Dopo un soggiorno a Londra, si stabilì a Parigi, dove assunse dal 1824 al 1836, la sovrintendenza del Théâtre des Italiens e dove fece rappresentare le ultime sue opere su libretti in francese: Le siège de Corinthe (L'assedio di Corinto 1826), Moïse et Pharaon (rifacimento del Mosè in Egitto, 1827), Le Comte Ory (Il conte Ory, 1828), Guillaume Tell (Guglielmo Tell, 1829).
Con questa ultima opera Rossini scosse gli entusiasmi dei grandi compositori del tempo, fra cui Bellini, Verdi, Donizetti e Wagner. Subito dopo, in disaccordo con i parigini, ritornò a Bologna mantenendo fino al 1848 la direzione del Liceo Musicale e curando l' allestimento di alcune opere al Teatro comunale. A partire dal 1831 fu colpito da una grave forma di esaurimento nervoso; nei momenti concessigli dalle fasi alterne della malattia scrisse la cantata Giovanna d'Arco, parte dello Stabat Mater, ed un gran numero di composizioni che raccoglierà egli stesso in quattordici fascicoli con il titolo di Péchés de Vieillesse.
Separatosi intanto dalla prima moglie, la famosa cantante spagnola Isabelle Colbran, che aveva sposato nel 1822, Rossini si trasferì nel 1848 a Firenze insieme con Olimpia Pélissier, sposata nel 1846 dopo la morte della Colbran.
Ritornato a Parigi nel 1855, vi rimase fino alla morte, trascorrendo una vecchiaia operosamente punteggiata dalla composizione di delicate e maliziose pagine di musica da camera, soprattutto pianistiche e vocali, nonché di quella Petite Messe solennelle (Piccola messa solenne) eseguita nel 1869, che completa la personalità del musicista, assicurandogli un altissimo prestigio anche in un settore (quello della musica sacra) che poteva sembrare negato al temperamento rossiniano. Le già precarie condizioni di salute precipitarono nel 1868 ed il 13 novembre Rossini spirò nella sua villa di Passy.
Nel 1887 la salma fu solennemente trasportata in Santa Croce, a Firenze. Colui che si definiva "l'ultimo dei classici" e che il pubblico applaudì quale monarca del genere buffo, rivelò fin dalle prime opere grazie e sfavillante vena melodica.
Soltanto una superficiale valutazione dell'arte di Rossini potrebbe puntare esclusivamente sull'aspetto brillante e comico della sua musica: essa si soffermò, al contrario, su una straordinaria molteplicità di atteggiamenti, unitariamente riscattati dall'ansia di non sottrarsi mai alle esperienze e alle conquiste della nuova cultura musicale.
Liberò il melodramma dall'arbitrio dei cantanti, esigendo uno scrupoloso rispetto della partitura, ed è suo merito l'aver avviato in Italia, dove ancora erano in polemica le varie scuole (il risentimento della scuola napoletana gli procurò l'insuccesso a Roma della prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia), il processo di unificazione nazionale nel campo musicale.
Portò nell'opera italiana, quale elemento di acceso dinamismo, il crescendo e una smagliante sapienza orchestrale che, appresa dallo studio di Mozart e di Haydn, gli procurò anche l'iniziale appellativo di "tedeschino" per l' attenzione ai particolari armonici e per la cura impiegata nell'orchestrazione.
Rossini passò attraverso l'Europa come un fuoco suscitatore di nuove energie, lasciando quali vertici, sia la scatenata vitalità del Barbiere di Siviglia, sia la pacata pensosità del Guglielmo Tell che incise in tutto il melodramma ottocentesco, sia l'inedita sobrietà della Pétite Messe solennelle, nell'originaria versione per voci soliste e coro, con accompagnamento d'organo e due pianoforti. Sono questi i momenti più luminosi della parabola rossiniana, intorno ai quali gravitò a lungo l'interesse della cultura europea. E, se rimane sorprendente come alcuni di questi risultati compositivi siano stati raggiunti in una ventina d' anni appena di attività, altrettanto singolare fu il silenzio che seguì a tanta fecondità, interpretato dall'Europa musicale come uno dei casi più incomprensibili della storia della cultura.
In pochi si accorsero che il dramma della solitudine si impadroniva di lui in modo sempre più frequente. Egli comunque non smise di scrivere anche se rifiutò il contatto con il grosso pubblico per rivolgersi in prevalenza alla piccola folla di invitati alla sue domestiche soirées. Soprattutto l'ispirazione dei suoi lavori cameristici e degli ultimi lavori sacri viene via via riscoperta nel nostro tempo.
Dal 1940 è attiva a Pesaro la Fondazione Rossini, che ha dato vita al Centro di studi rossiniani, allo scopo di onorare la memoria del maestro attraverso la pubblicazione di inediti.