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Il capolavoro di Zemlinsky

 

All'origine dell'opera Il nano (Der Zwerg) di Alexander Zemlinsky (1871-1942) c'è un'ossessione della bruttezza fisica. Motivo in sé frivolo non trapelasse sullo sfondo la temperie della finis Austriae e una femme fatale come Alma Mahler.
Nei suoi diari Alma descrisse Zemlinsky come un ridicolo nano, senza mento e con gli occhi a bulbo. Tuttavia, sensibile al genio, nel 1901 se ne innamorò ed ebbe con lui una relazione sentimentale, per poi congedarlo dopo qualche mese e preferire un più solido matrimonio con Gustav Mahler. Come accadrà anche a Gropius e a Kokoschka, Zemlinsky ne rimase segnato per tutta la vita. Del resto i traumi affettivi venivano presi tremendamente sul serio nel clima nevrotico e mondano della Vienna intellettuale d'inizio secolo, la Vienna della psicanalisi di Adler e di Freud, della pittura di Schiele, delle novelle di Schnitzler, del Wozzeck di Berg e degli Ultimi giorni dell'umanità di Karl Kraus: tutte opere e visioni che hanno in comune con la musica di Zemlinsky l'impietoso scandaglio delle pulsioni oscure.
Uno scandaglio che fatalmente conduce alla crisi dell'Io, a una coscienza lacerata: tra Io e Es, tra linguaggio e realtà, vita e illusione, in un groviglio di alter ego e proiezioni oniriche e ferne Klänge e, come in Gerstl e Schiele, autoritratti ossessivi. Un processo di sdoppiamento sarà, in fondo, anche la dodecafonia di Schoenberg, ricostruzione speculare di un'armonia universale ormai estraniata. Pur essendogli amico e cognato (oltre che primo vero maestro), Zemlinsky non accompagnò Schoenberg sulla strada dell'atonalità. Portato a vedere nei meccanismi della psiche profonda la genesi del comporre, fu sempre riluttante a tagliare il cordone ombelicale che lo legava all'armonia tonale, quasi che la collosità delle relazioni armoniche fosse per lui la condizione naturale per tessere sulla pagina musicale una trama di corrispondenze psicologiche. Lo spunto per Der Zwerg fu offerto a Zemlinsky nel 1908 da un balletto di Franz Schreker ispirato alla novella di Oscar Wilde Il compleanno dell'Infanta: nella Spagna del Seicento il Sultano manda come dono di compleanno per l'Infanta un orribile nano, allevato per divertire la corte. Non essendosi mai visto allo specchio, egli ignora il proprio aspetto e scambiando per affetto le risate della principessa, se ne innamora. Uno specchio gli rivelerà infine tutto il suo orrore. Un dramma crudele dello sdoppiamento, dell'identità divisa: non nel segno del mito di Narciso, ma in quello più livido e inquietante di Medusa, annientata dalla propria immagine riflessa.
Non ci voleva altro perché Zemlinsky vi riconoscesse la vecchia ferita, ma anche una via di sublimazione catartica. Per Georg Klaren, che fu incaricato della stesura del libretto, era un invito a nozze: nutrito di Wagner, Freud e Otto Weininger, infarcì la storia di simbolismi psico-sessuali, forzando in ogni modo l'auto-identificazione di Zemlinsky col personaggio del nano: non già, come in Wilde, un mostro selvatico, ma un raffinato e malinconico musicista, la cui provenienza ottomana alludeva alle ascendenze sefardite della madre di Zemlinsky e la sua pretesa d'essere un nobile cavaliere ricordava l'origine dubbia della particella "von" del cognome del padre. Il curioso è che su questo libretto concettoso e oscuro, proteso all'epilogo in un unico arco drammatico, Zemlinsky monta una struttura operistica a scene distinte, con recitativi e ariosi, numeri di danza, interludi e ripetizioni letterali di episodi: un singolare connubio fra un linguaggio wagneriano, dal tematismo pervasivo, e una drammaturgia "a numeri" che già sente il Neoclassico. Come in una vetrina di costumi teatrali, melodramma verista e operetta viennese, tragedia lirica e opéra-ballet, esotismo e grand-guignol si confondono l'uno nell'altro, in un alternarsi di lirismo estenuato, frivolezze Jugendstil e momenti di tensione prossimi all'isteria. Su tutto, una tavolozza orchestrale lussureggiante, fra combinazioni di registri estremi, addensamenti progressivi, escursioni dinamiche all'eccesso, sino allo stridulo accordo in do minore su cui cala enigmaticamente il sipario: redenzione alla Tristan und Isolde o morte dell'illusione come in Erwartung. Il miglior complimento, Zemlinsky lo ricevette postumo da Schoenberg che così lo commemora in Stile e idea: "Le sue idee, le sue forme, le sue sonorità e ogni inflessione della musica sgorgavano direttamente dall'azione, dalla scena e dalle voci dei cantanti con una naturalezza e una distinzione di suprema qualità.

 

Andrea Lanza (da www.sistemamusica.it)