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Il matrimonio segreto, capolavoro di sintesi

 

Di solito il matrimonio corona una storia, così spettatori o lettori che siano sono liberi di idealizzare la vita coniugale futura dei protagonisti, resa forte dalle traversie vissute durante l'età del corteggiamento, ricca di prole, serenità e comunione d'anime. Come se fosse facile, dopo.
Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, messo in scena al Burgtheater di Vienna il 7 febbraio 1792 e immediatamente replicato per volere di Leopoldo II, comincia invece a cose fatte: Carolina, figlia minore di Geronimo, ha già sposato Paolino, giovane servo della casa, ma nessuno lo sa. Infatti Geronimo aspira a ben altro per le figlie e per se stesso: un titolo nobiliare, a suggello della ricchezza acquisita con abili commerci. Per tentare di rabbonirlo, Paolino cerca un marito con questi requisiti per la figlia maggiore, Elisetta e lo individua in un amico squattrinato ma conte, tale Robinson, avventuriero sì e cacciatore, come l'illustre omonimo, di dote. I problemi sono due. Il primo: la vedova zia Fidalma sembra travolta da questa tempesta ormonale e tenta di rientrare in gioco puntando Paolino, e a tale fine spulcia le sue parole ricercando disperatamente un cenno di contraccambio; il secondo: Robinson, invece di accettare le nozze con Elisetta - già in posa da contessa - pretende Carolina, pronto a rinunciare a metà della dote: questo fa raddrizzare le orecchie al buon Geronimo, solitamente piuttosto sordo. Segue la solita giostra d'equivoci: l'una (Carolina) scopre in presunti atteggiamenti sospetti l'amato (Paolino con Fidalma), la stessa (sempre Carolina) è sorpresa in confidenze con l'altro (Robinson). La soluzione è classica: fuggire. Così tutti, chiamati a raccolta da Elisetta, credendo di beccare in flagranza Robinson si trovano Carolina e Paolino, appunto sul punto di darsela a gambe: chiarimenti, perdoni e benedizione dell'unione già celebrata e di quella auspicata tra i conti Elisetta e Robinson, chiudono la vicenda. Sul futuro idilliaco della seconda coppia, non ci sentiamo di scommettere un soldo, mentre il successo dell'opera è un fatto storico: centodieci repliche in cinque mesi.
Il lavoro, con un libretto di Giovanni Bertati ricavato dalla commedia The Clandestine Marriage di George Colman e David Garrick, segnò l'acme della carriera del compositore di Aversa, figlio di un muratore e di una lavandaia, che per qualche anno seppe colmare il vuoto lasciato da Mozart, appena uscito di scena. E il testimone raccolto dalle mani del genio si riconosce in più momenti nell'opera. Per cominciare nella sinfonia introduttiva, con gli accordi ribattuti di apertura e il loro scivolare leggero lungo scalette rapide: un po' di Flauto magico, un po' di Nozze di Figaro; con la stessa vivezza i personaggi interagiscono musicalmente in duetti, terzetti e cavatine, privilegiando i battibecchi lirici e limitando assai le arie solistiche, sempre declamate alla presenza di un interlocutore. L'orchestra spennella poi colori mediterranei spesso valorizzando i timbri dei fiati, e ironizza sulle vicende, marca i toni addolorati, sonorizza gesti compiuti o solo allusi, anticipa i temi con eleganza.
Ma il testimone passa per alcuni tratti al successore: per esempio il quartetto del primo atto, che descrive lo stupore e poi il tentennare del conte di fronte alla scelta tra le due sorelle con un ritmo incalzante e una tensione progressiva, spiana la strada al migliore Rossini.
Un capolavoro di sintesi e insieme di accorta disposizione per le cose a venire, ritrovo sicuro per chi vuole certezze, terra d'avventura per i curiosi.
Se i grovigli della trama sono così trasparenti da render facile la vita a chi vuole dipanarli, la musica scorre senza imbrogli, pregna di intensa joie de vivre che folgorò Stendhal e gli fece dire "La mia vita fu rinnovellata, e sparì per sempre il disinganno di Parigi. Avevo chiaramente compreso dove fosse la felicità […] l'effetto della musica del Matrimonio segreto è di farmi trovare meno ostacoli in tutto […]".

 

Da www.sistemamusica.it