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La musicoterapia rivolta a soggetti in situazione di handicap

 

Nel tentativo di presentare una metodologia di riferimento per l'applicazione della musicoterapia alla "diversabilità", si è pensato di descrivere, seppure in maniera sintetica, i diversi  approcci e le relative  metodologie definitesi in Italia negli ultimi anni. 
Un primo modello, postula l'uso della musica come parametro relazionale non verbale attraverso il quale è possibile una relazione terapeutica in situazione di handicap neuro-psichico al fine di armonizzare le facoltà dell'individuo. Attraverso un lavoro basato sulle sintonizzazioni, che secondo Stern costituiscono il fondamento di qualsiasi modalità di comunicazione non verbale, diviene possibile facilitare la comunicazione, la qualità dell'apprendimento e la disponibilità affettiva. Le strategie di stimolazione hanno come obiettivo quello di attenuare i livelli di disarmonia delle funzioni sensoriali, motorie, cognitive, neuropsicologiche, psichiche e sociali, sfruttando le risorse e le funzioni residue. I parametri armonizzanti di tipo sonoro-musicale vengono utilizzati per promuovere un armonico utilizzo degli analizzatori sensoriali e cognitivi e lavorare allo stesso tempo sull'affettività al fine di favorire il passaggio dal semplice vissuto corporeo ad un livello di simbolizzazione possibile. 
In un secondo modello, l'obiettivo che si pone la Musicoterapia è quello di favorire lo sviluppo armonico della persona, attraverso un'esperienza emotiva relazionata che provochi e sviluppi l'attenzione di ascolto, quest'ultima  intesa come disponibilità alla relazione quale presupposto di ogni apprendimento e della capacità comunicativa. Attraverso le onde sonore, si stabilisce un rapporto comunicativo di tipo creativo o se ne favoriscono i presupposti, laddove esso sia carente o rifiutato. E' quindi possibile, se non auspicabile, intervenire su bambini molto piccoli, la cui situazione, anche grave per cause diverse, porti a difficoltà di crescita, di relazione e di apprendimento (plurihandicap, ritardo psicomotorio, turbe della relazione, sindrome di down, cecità e ipovisione, sordità, turbe del linguaggio). A seconda del grado di sviluppo e di difficoltà del singolo individuo, dove l'attenzione d'ascolto di partenza sia già ottimale, è possibile mirare ad interventi più specifici, che sfociano nell'ambito educativo e pedagogico: educazione al suono, alla consapevolezza temporale, ai parametri musicali del linguaggio e alla coordinazione ritmico-spaziale. Se il corpo umano è un sistema atto a vibrare, e quindi a convibrare, l'essere agiti dalle onde sonore è un'esperienza già vissuta per trasmissione liquida prima della nascita, e quindi riconosciuta. La risonanza diventa perciò uno strumento di relazione che può prescindere dalla comunicazione verbale e rappresentare un'esperienza di contenimento dal valore percettivo-affettivo. Essa si attua principalmente attraverso l'improvvisazione musicale, nell'uso della cassa armonica del pianoforte a coda, sulla quale viene posto generalmente il bambino. Nel dialogo sonoro il musicoterapeuta, valorizza le proposte ritmiche, vocali e di movimento del soggetto, favorendo l'instaurarsi e l'evolvere della relazione attraverso l'ascolto empatico. In tale modello un elemento fondamentale è costituito dal repertorio popolare infantile che costruito a misura di bambino, opera sulla coordinazione ritmico-spaziale e favorisce l'apprendimento delle regole del linguaggio verbale, attraverso semplici strutture dove ricorrono assonanze ordinate ritmicamente.
La metodologia prevede, ove possibile, la presenza dei genitori nel setting e, nei casi di plurihandicap, la compresenza e l'interazione tra musicoterapeuta e psicopedagogista (circolarità relazionale) al fine di fondere il dialogo tonico-emotivo ed il dialogo sonoro. La pratica del Dialogo Sonoro nasce dalla constatazione che l'uso del suono e della musica facilita l'apertura di un canale di comunicazione, anche nei casi di particolare gravità.
Durante le sedute si assiste ad interazioni sonoro-musicali significative e coinvolgenti sia sul piano emotivo sia relativamente al comportamento interattivo, anche nei bambini gravemente ritardati: tali interazioni sono governate da una "grammatica e da una sintassi", cioè da una serie di regole generali e particolari, la cui conoscenza, comprensione e padronanza facilitano di molto l'instaurarsi di una comunicazione produttiva (cioè non stereotipata o confusiva). Tale grammatica, per certi versi, non sembra differire in modo vistoso da quella dei bambini normali di età minore. Ciò che varia da persona a persona è il "lessico", cioè il repertorio dei segnali disponibili; il bambino, o l'adulto, in situazione di handicap, possiede delle specifiche "competenze comunicative" e il lavoro del musicoterapista si connota inizialmente come una sorta di apprendistato, in cui egli è teso a comprendere quelle modalità comunicative come se dovesse acquisire i vocaboli di una lingua straniera. In questo campo, il problema maggiore consiste nell'individuazione del canale o dei canali privilegiati di comunicazione e nella scelta di un livello di segmentazione del flusso comportamentale del bambino, che consenta di "estrarne" elementi discreti con valore di "segnale". Soltanto attraverso un congruo periodo di osservazione-ascolto del bambino è possibile così individuare, sullo sfondo apparentemente disordinato e in gran parte privo di senso del suo flusso comportamentale, alcune figure emergenti, alcuni elementi discreti, alcune configurazioni di segnali, spesso utilizzati in modo circolare e ripetitivo, suscettibili però di evolvere ed acquisire significato relazionale.
Il presupposto su cui si basa questo modello è che è sempre possibile migliorare le proprie capacità di comunicare, anche nei casi e nelle situazioni apparentemente più difficili, adeguandosi alle regole implicite o nascoste, generali o particolari, che disciplinano il comportamento interattivo embrionale od attuale del nostro interlocutore.
Una delle domande di base, relativamente alla quale si sviluppa il modello è: che cosa significa, o meglio, in che cosa si manifesta, un'accettazione, un rifiuto o una squalifica all'interno di una improvvisazione musicale a due?
Il dialogo sonoro è un particolare tipo di interazione in cui vengono amplificati ed evidenziati certi aspetti specifici della comunicazione interpersonale, che rivestono un peso decisivo nella definizione della relazione: sintonizzazione sul piano temporale-ritmico-energetico, allineamento sul livello di organizzazione, precisione nei tempi di risposta, equilibrio tra familiarità e novità nella variazione, creatività nella produzione di nuovi messaggi, ecc. Infine vogliamo fare un riferimento del tutto particolare al Metodo della Globalità dei Linguaggi, che partendo dal Progetto Persona nella sua globalità (corpo, emozioni, mente, cultura, esperienza), e nella sua centralità in senso qualitativo, sviluppa una visione di musica/musicalità/musicoterapia, all'interno della quale il dualismo Uomo/Musica si trasforma in  pensiero dinamico legato all'esperienza musicale.
Nel vasto campo operativo della GDL e nel suo approccio multidisciplinare e interdisciplinare, la parte musicale e musicoterapica si collega all'osservazione psico-senso-motoria, cogliendone, tra gli altri, i comportamenti sonoro-musicali. Nella consapevolezza di un corpo "sentito", che in qualità di strumento musicale risuona e vibra ad ogni impressione emotonica, e che attraverso gli arti esprime la propria emomusicalità interna, si definisce l'Homo musicus che  sinestesicamente è capace di risuonare con tutti i sensi alle diverse qualità della materia. Questa capacità/potenziale va riscoperto e valorizzato, restituendo il bisogno di compiacimento nella riconquista della dimensione corporea dell'agire come motivazione affettiva.

 

Sandra Masci & Giovanna Artale