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La poesia di Bach tra grandeur e tenerezza

 

Tra tutte le splendide Kirchenmusiken che sbocciarono dalla fantasia di Bach un posto molto particolare lo occupa il Magnificat in re maggiore per soli, coro e orchestra BWV 243. Innanzi tutto è una delle poche composizioni liturgiche da lui scritte su testo latino. Non ci si stupisca: il latino non era stato tassativamente estromesso da Lutero. A Lipsia (all'epoca del Magnificat Bach ci abitava da appena sette mesi) il latino prosperava anche come lingua del mondo accademico. Il Canticum Mariæ, in particolare, era stato accolto dalla chiesa riformata: lo si usava al sabato nel corso dei Vespri, ma in tedesco. A Lipsia, invece, a Natale, Pasqua e Pentecoste era permesso cantarlo in latino.
Bach compose diversi Magnificat. Ce ne è rimasto uno solo, in due versioni. La prima risale al 1723. La seconda versione, quella che si è imposta, risale invece al 1728-31.
Tutta la finezza e la sensibilità di Bach come musicus poeticus risplendono in questa famosa partitura: nella caleidoscopica vitalità concertante dei cori, nella cantabilità tenera delle arie, ovvero nella pregnanza dei simboli musicali da lui usati per evidenziare ora la potentia ora la bontà ora la generosità divina. Una splendida allegoria musicale, insomma, questo Magnificat, un grazie commosso a un Dio che non ha temuto di calarsi nel flusso magmatico della storia dell'uomo.
Alla Vergine è dedicata anche la Cantata «Herz und Mund und Tat und Leben» BWV 147. Fu ultimata nel 1723 per la festa della visitazione di Maria del 2 luglio. Bach aveva nel cassetto del materiale inutilizzato, composto sette anni prima a Weimar per la quarta domenica d'Avvento. Lo riarrangiò fino a tirarci fuori una cantata di dieci numeri divisi in due parti: un coro iniziale solenne e grandioso, tre brevi meditazioni commosse in stile di recitativo arioso, quattro arie per i solisti, tre trepidanti e dolcissime, una trionfante. Il tocco di classe del maestro? I due famosissimi Corali che chiudono le due parti sulla cullante melodia di «Werde munter, mein Gemüte».

 

Angelo Chiarle (da www.sistemamusica.it)