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Leo Brouwer, profilo

 

Nella sua lunga carriera di compositore, Leo Brouwer (1939) ha passato varie fasi. Gli esordi (Prelude, 1956; Danza Caracterìstica, 1958 e Tres Apuntes, 1959) sono segnati da un percorso tendenzialmente nazionalista, in cui gli elementi ritmici caratterizzanti la musica afrocubana assumono importanza preminente. E però in composizioni quali Piece sans titre n° 2 (1956) sono evidenti delle armonie tipiche della musica di Bartok e della tradizione popolare ungherese, mentre nei Micropiezas (1957) per due chitarre composte in tributo al francese Darius Milhaud si affaccia addirittura Igor Stravinskij.
Gli ideali della Rivoluzione del 1959 lo colpiscono intensamente, tant'é che prende a considerare con attenzione il suo ruolo di artista impegnato: assume incarichi istituzionali, fra cui la guida del dipartimento musicale dell'Instituto de Arts Industria Cinematograficos (1960-62); nel 1961, al Warsaw Autumn Festival, ha modo di avvicinarsi all'avanguardia europea del serialismo e ad alcuni compositori della scuola di Darmstadt. Brouwer conosce il veneziano Luigi Nono, il cui genio arditamente sperimentatore è annodato ad una vera e propria ossessione, ossia la congiunzione fra l'ideale comunista e le masse. Cuba rappresenta un contesto nuovo per la sinistra, una speranza per il mondo artistico e intellettuale: è per questo che Nono torna più volte a Cuba, in compagnia di Nino Rota, Massimo Cacciari ed altri intellettuali d'area ed è così che Brouwer ha modo di approfondire la conoscenza della sua musica. Il concetto della trasformazione del suono diventa per lui fondamentale, così come lo sviluppo della struttura formale che i seguaci di Darmstadt hanno esaltato con un rigore che sfiora il parossismo; ciononostante, in quelle pagine cervellotiche Brouwer trova gli stimoli per oltrepassare frontiere davvero poco consone con la tradizione musicale cubana. Diviene presto il più importante compositore vivente del suo Paese e le sue pagine, soprattutto per la chitarra cui dedica dei capolavori (Elogio della Danza, 1964), vengono conosciute e apprezzate all'estero.
Oltre a Nono, chiare influenze provengono da Cage, Xenakis, Stockhausen, Henze (Sonograma I per pianoforte preparato, 1963; Sonata pian'e forte per pianoforte e nastro magnetico, 1970) senza trascurare una passione per il jazz (Homage to Mingus, jazz band e orchestra, 1965) che gli costa cara in quello che nei fatti è niente più che un regime comunista: per averne difeso pubblicamente il valore, l'allora Ministro della Cultura decide di bandirlo dalla televisione di Stato per tre anni.
Un cambio radicale di prospettiva si verifica nel decennio successivo in cui Brouwer comincia ad allontanarsi dallo scientismo strutturalista il cui difetto, a suo dire, è la mancata alternanza fra tensione e distensione e del conseguente equilibrio che si viene a stabilire: per questo decide di ritornare ad un approccio più intuitivo, dal carattere neomodale denominato "Nuova Semplicità" e lo fa sulle basi a lui più vicine: la musica afrocubana e le sue radici, ossia la cultura Yoruba (El decameron Negro, 1981). Ne riprende gli accenti della lingua parlata, i ritmi musicali in un percorso che ristabilisce le caratteristiche di sintesi proprie delle culture popolari con la tradizione cùlta.
All'età di sessantatré anni, Leo Brouwer è ancora attivissimo sia in qualità di direttore d'orchestra, con l'Orchestra Sinfonica di Cordoba e la Filarmonica di Cuba, sia di compositore: tra le partiture più recenti ricordiamo il Concierto de Toronto (1990), il Doble Concerto per chitarra e violino e Hika (1996), dedicata alla memoria del compositore giapponese Toru Takemitsu.

 

Francesco Cisternino (da www.allaboutjazz.com/italy)