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Quando Brahms civettava con se stesso

 

Il primo incontro di Brahms con il Viaggio d'inverno di Goethe assomiglia in qualche cosa al primo incontro con il Canto del destino di Hölderling.
Nel giugno 1868, reduce dal Kölner Musikfest, Brahms arriva a Bonn dove affitta un appartamento, ma soprattutto frequenta la casa di Hermann Deiters: sua vecchia conoscenza, distinto filologo, critico musicale e musicista, a quel tempo insegnante di ginnasio. Deiters si era appena sposato e viveva con la moglie, la madre e la suocera; nella serena intimità della casa, il cui lindo quadretto è descritto da Deiters tanti anni dopo, i due amici suonavano spesso a quattro mani valzer e variazioni, e Brahms anche il suo Quintetto e i due Quartetti op. 25 e op. 26 con alcuni musicisti di Bonn; un giorno, fra un pranzetto e una suonata, curiosando fra le musiche sul pianoforte, Brahms vede sotto il titolo di Cäcilia una raccolta di composizioni religiose per voce e orchestra di Friedrich Reichardt: il maestro di cappella di Federico il Grande, per qualche tempo amico di Goethe, poi diventatogli inviso a causa delle sue simpatie per la Rivoluzione francese; e sfogliando il fascicolo conosce per la prima volta, come testo già musicato e già intitolato Rhapsodie, il frammento dal Viaggio goethiano.
Come nel racconto di Dietrich sulla genesi del Canto del destino, così ora in questo di Deiters, c'è in aria qualcosa di famigliare: qualcosa che ricorda l'aneddoto del Nabucco verdiano, con quel libretto estratto dal pastrano e gettato con stizza sul tavolo che si apre alla pagina voluta, dove lampeggiano le parole "Va pensiero...". Anche a Bonn in casa Deiters, come a Oldenburg per lo Schiksalslied, il caso ha guidato la mano di Brahms; e una volta va bene, ma due fa nascere qualche sospetto; questo in particolare: che codesti testi, che sembrano venire incontro al compositore, fossero in realtà immagini partecipi di una sostanza morale e sentimentale che già fermentava per proprio conto in Brahms; e che li trovasse, in altre parole, proprio perché ne andava in cerca sotto l'urgenza di uno stato d'animo predisposto; che è poi il solo vero modo in cui un compositore scopre il suo testo, portandoselo già dentro.
Più importante di tutto ci sembra notare come anche la scoperta di questa pagina goethiana sia avvenuta nell'estate del 1868; quando cioè, doppiato il capo del Deutsches Requiem, Brahms è particolarmente attirato da strutture fantastiche e testi poetici problematici; è quindi spinto ad allargare il suo dominio lirico maturandolo sul tema del destino e sapendo che la sua musica avrà ormai la capacità di registrare con acutissima sensibilità quanto quei testi dicono e quanto lasciano intuire nei fermenti che vi serpeggiano. Nel settembre 1869 Brahms chiede a Deiters di avere in prestito per qualche giorno la composizione di Reichardt ("o forse di Zelter...", sembra non ricordare più bene) intravista a casa sua; per qualche scrupolo d'informazione o curiosità di confronto con quello che si compiace di chiamare il suo "onorato predecessore"; il lavoro è dato per appena concluso e pur promettendolo in visione all'amico, dichiara di non volere "pubblicare ed eseguire in concerto questa musica piuttosto intima" ("etwas intime Musik"); troppo intima per parteciparla anche agli amici più stretti, piuttosto da nascondere ("sotto il guanciale" dice Deiters) e covarsela per sé assieme ai suoi guai. Al solito, Brahms civettava un poco con se stesso; altro infatti il tono tenuto il 5 ottobre con l'editore Simrock al quale spedisce la partitura con la speranza di vederla pubblicata piuttosto in fretta; ma va anche ricordato, a testimonianza di perplessità e incertezze dovute a una affinità di sentire, che anche Billroth, scrivendogli il 21 marzo 1871 all'indomani della prima esecuzione viennese, parlava di certi suoi pregiudizi "filistei" riguardo all'effetto della composizione "come pezzo da concerto"; pregiudizi per altro svaniti già alla lettura al pianoforte e del tutto archiviati dopo l'ascolto in sala.

 

Giorgio Pestelli (da www.sistemamusica.it)