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Tennessee's Blues: teatro & musiche di Williams

 

Il Sud degli Stati Uniti è uno dei luoghi letterari novecenteschi più resistenti al tempo, come dimostrano le pagine dei grandi scrittori che lo hanno celebrato. Siamo spesso in presenza di quella che si potrebbe definire una "scrittura concertante", in cui la musica, e in primo luogo quella dell'oralità, ha un peso importante, nel definire per tramite di sfumature del parlato i più segreti moti dei personaggi, come accade appunto in Un tram chiamato desiderio, che è una vera e propria sinfonia linguistica. Nel repertorio di Tennessee Williams, d'altro canto, le opzioni musicali esplicite sono moltissime; basti qui citare I blues, veri e propri accordi di dolore in cui spesso compare una chitarra in sordina come senhal di una temperatura emotiva. Ritmi e melodie che sono poi spesso quelli di New Orleans, città in cui lo scrittore abitò a lungo, e in cui si ambienta il Tram, nella zona popolare e desolata che reca il nome paradossale di Campi Elisi. Il blue piano, un pianino scordato che risuona da un locale vicino è infatti il basso continuo delle vicende di Stella, Stanley, Mitch e Blanche, mentre l'ossessiva venditrice messicana di flores por los muertos contrappunta la discesa nella follia della protagonista.
Fiumi di inchiostro sono stati spesi sulle risonanze psicanalitiche del testo, ma questo spesso ha prodotto risultati critici di scarso interesse, mentre è evidente l'indubbia vitalità del lavoro, confermata più volte nel corso degli oltre cinquant'anni che ci separano dalla prima rappresentazione newyorkese del 1947, accolta da una standing ovation di oltre mezz'ora. In scena Marlon Brando e Jessica Tandy davano corpo alle pulsioni disperate che scandiscono la pièce, diretti da Elia Kazan, che firmerà anche la celeberrima versione cinematografica, destinata a legare cospicuamente Brando allo star system, presentando peraltro la Blanche per antonomasia, Vivien Leigh, indimenticabile testimone di una frenesia esistenziale senza scampo. Williams avrà un successo costante per un ventennio circa, fino alla metà degli anni Sessanta, comprovato dalle infinite rappresentazioni in tutto il mondo e dalle numerosissime trascrizioni cinematografiche. Dopo un periodo di minore attenzione è tornato di straordinaria attualità con gli anni Novanta, decennio di disillusioni: lo testimoniano alcuni repechâges importanti e lo chiarisce in modo precisissimo la citazione tematica del Tram in Tutto su mia madre di Pedro Almodovar.
La musica ha ripagato la scrittura intessuta di canti di Tennessee Williams con una serie di esiti discontinui, ma abbastanza numerosi. Paul Bowles, amico e consulente, firmò la colonna sonora della prima rappresentazione del Tram e di altri testi e si registrano almeno tre opere liriche che hanno avuto una qualche circolazione soprattutto negli USA: Una lettera di Lord Byron di Raffaello De Banfield del 1955 (in scena a Lugo nel 1991), Orpheus Descending dello stesso compositore (1961) e Summer and Smoke di Lee Hoiby del 1971. Nessuna però ha avuto il successo di Un tram chiamato desiderio di André Previn, che ha inaugurato la sua fortunata esistenza nel 1998 all'Opera di San Francisco. L'autore è una vera e propria istituzione del mondo musicale: direttore, autore di infinite colonne sonore (tra cui Gigi e Irma la dolce per cui vinse un Oscar) è senz'altro meno noto da noi come compositore "colto", anche se ha all'attivo un catalogo ampio segnato soprattutto da brani solistici (l'ultimo, il Concerto per violino, è stato scritto per Anne-Sophie Mutter). Il Tram è in effetti il suo primo lavoro di teatro musicale, con l'unica precedente eccezione del curioso Sprechgesang Every Good Boy Deserves a Favour realizzato insieme a Tom Stoppard nel 1976. L'elemento di maggior interesse dell'opera è la capacità di unire richiami eclettici (che spaziano da Puccini a Strauss, con una buona percentuale di jazz) legandoli a un disegno finissimo del canto, evidente soprattutto nella scrittura del ruolo di Blanche, concepito per Renée Fleming, che ne è stata la prima straordinaria interprete. Il libretto di Philip Littell rispetta quasi alla lettera il testo di Williams, traendo il massimo partito dalla sua musicalità, mentre la drammaturgia creata dal musicista elabora un crescendo di tensione che sfocia nell'acuto finale della protagonista che scompare in lontananza, quando è ormai costretta, forse per sempre, a confidare nella "gentilezza degli sconosciuti".

 

Luca Scarlini (da www.sistemamusica.it)